mercoledì 15 ottobre 2008

Opinoni di un Clown

Autore : Heinrich Böll

Titolo : Opinioni di un clown

Anno di scrittura : 1963

Origine : Tedesca

Genere : Romanzo

Narrazione : Prima persona, molti dialoghi e molte riflessioni personali

Protagonista : Hans Schnier

Altri personaggi : Maria (ex compagna del protagonista), Leo (fratello del protagonista) Züpfner (nuovo compagno di Maria e suo sposo), Heribert e Sommerwild (cattolici), Fredebeul e Kinkel (cattolici) Herbert (vecchio professore del protagonista), Sig. Darkum (padre di Maria), genitori del protagonista, Edgar (amico del protagonista), altri personaggi.

Ambiente : Bonn, piccola cittadina tedesca, anche se nei flashback il protagonista ritorna in molte città, anche italiane.

Epoca : Contemporanea all’autore, dopo la seconda guerra mondiale

Tematica : il finale è un’insolita e altrettanto solitaria disperazione. Interrotta la professione e abbandonato dalla compagna Maria, il fallito clown esprimerà, nelle sue opinioni, sentenze di condanna per quella società che col suo benessere nega ogni autenticità di rapporto, il clown rifiutando ogni compromesso, finirà mendicante e questa sua solitudine sarà un ultimo atto di rivolta.




Opinioni di un clown è certamente un romanzo di riflessione, dove il protagonista si trova a riflettere sulla sua condizione di vita e soprattutto sulle sue azioni che in passato lo hanno colpito maggiormente.
Le riflessioni sono quasi totalmente sulla ex compagna di Hans, ovvero l’autore, il quale viene abbandonato inaspettatamente con la sola consolazione di un foglietto con su scritto : “Devo continuare per la mia strada”. Questa divisione viene inserita in un contesto di contrasti religiosi, tra il miscredente clown e la credente compagna Maria, frastornata dalla comunità cattolica di Bonn.
Le riflessioni dell’autore ritornano anche all’infanzia, evidenziando forti contrasti con la famiglia: la sorella maggiore fu mandata in guerra e poi morta chissà dove, tutto ciò porta il personaggio principale a duri scontri con la famiglia ma soprattutto con la madre.
La famiglia di Hans è benestante e tuttavia il clown non ha mai potuto godere pienamente di questa condizione finanziariamente agiata.
L’incontro con il padre mostra la precaria infanzia di Hans nonché il difficile rapporto con il padre. L’autore rifiuta l’aiuto della famiglia, volendo proseguire per la sua strada, lungo il proprio cammino d’artista, seguendo solamente le sue intenzioni e i suoi obiettivi a modo proprio, senza ascoltare i consigli dei genitori.
Risentimento, passione, confusione mentale e bigottismo sono gli elementi fondamentali di questo romanzo.

La Tregua

Autore : Primo Levi

Titolo : La tregua

Anno di scrittura : Dicembre 1961 – Novembre 1962

Origine : Italiana

Genere : Romanzo

Narrazione : Prima persona, un resoconto che narra le vicende dei lager. Compaiono tuttavia flash-back e dialoghi

Protagonista : Primo Levi

Altri personaggi : Thylle responsabile del block 20, Hurbinek, un bambino di 3 anni nato nel campo; Henek, un ragazzo di quindici anni vicino di cuccetta dell’autore; Leonardo e Cesare amici dell’autore da Katowice; Il Moro Cravero e D’Agata compagni dell’autore a Katowice altri personaggi e compagni del personaggio principale.


Ambiente : Partendo dal campo di Buna, si sposta inizialmente ad Aschwitz

Epoca : Seconda guerra mondiale, sterminio in massa degli ebrei da parte della razza ariana,
Scritto dal 1961 al 1962 è comunque molto ricco di precisione e dettagli.

Tematica : Il ritorno dell’autore e di molti altri prigionieri in patria, epico per la sua durata e le sue vicende quasi alla pari dell’Odissea.


Nota : il viaggio che l’autore ha affrontato, descritto in parte in “Se questo è un uomo” e in parte in “La tregua”, è durato dal 13 Dicembre 1943 al 19 Ottobre 1945.







Capitolo numero 1 Il disgelo

L’autore inizia il racconto nel preciso momento in cui aveva terminato quello precedente: la vista dei russi al momento della “sepoltura” di Sòmogyi.
Vengono esposte emozioni contrastanti, e molto importante è il colloquio tra l’autore e Thylle (responsabile del block 20), che la sera dell’arrivo dei russi si trovava sveglio come l’autore e a notte fonda i due si trovarono a colloquiare nonostante la barriera della differenza linguistica e riescono a sfogare nostalgia e solitudine.
Intanto la morte continuava a colpire i malati, molti dei quali morivano a causa della sfrenata fame che li faceva mangiare esageratamente nonostante lo stomaco non reggesse lo sforzo.
Intanto i prigionieri ancora vivi venivano deportati al campo centrale di Auschwitz, e tra questi vi è naturalmente Primo Levi che malato e sopraffatto dalla fatica vede sfilare davanti ai suoi occhi il campo dove subì gli affronti più duri.
Da sottolineare l’ultima frase che Levi legge sul cancello del campo <> ossia <>.


Capitolo numero 2 Il campo grande

L’autore viene trasportato al campo grande e al suo arrivo due donne polacche lavano lui e i nuovi arrivati. Il bagno non era umiliante come a Buna.
I malati erano molti al campo ma i medici erano pochi ed i medicinali scarseggiavano.
Pochi giorni passarono e la morte portò con sé un numero enorme di uomini, gli altri iniziarono di nuovo a vivere.
Hurbinek, un bambino di 3 anni nato nel campo era solo, non parlava e aveva una paralisi completa dai reni sino ai piedi. Di questo bambino, morto nel marzo del 1945 non rimane nessuna testimonianza se non quella di Primo Levi nel suo libro.
Intanto Henek, un ragazzo di quindici anni è vicino di cuccetta dell’autore e i due fanno amicizia, viene così narrata la vicenda di Henek.
Un altro ragazzo, il Kleine Kiepura, mascotte del veccio campo, era un ragazzo di dodici anni, riuscito a vivere perché protetto dal Kapo dei Kapos e nessuno si fidava di lui; fu messo nella sala dell’autore e ben presto però fu cambiato di posto.
L’autore fu lieto di questo cambiamento perché il ragazzo dopo due giorni di silenzio iniziò ad urlare i comandi delle SS, convinto di aver fatto carriera come Kapo. Delirio?
Le due infermiere si chiamavano Hanka e Jedzia, la prima era sicuramente un ex Kapo e cercava di sedurre Henek, la seconda era bisognosa di avere una figura maschile al suo fianco e chiunque le capitasse vicino lei era disposta ad accoglierlo nella sua vita. Intant l’autore conosce Frau Vitta, giovane di Trieste, anch’essa reduce da Birkenau, la quale fece molta amicizia con Levi.
Una sera, Frau Vitta fece incontrare l’autore con Olga, partigiana croata (ebrea) catturata ad Asti che porto la triste notizia che tutte le donne e gli uomini deportati dall’Italia erano morti, solo 5 erano in vita su 550.
Intanto Andrè ed Antoine, ex compagni negli ultimi “dieci giorni” dell’autore muoiono in silenzio, sopraffatti dalle oro malattie.


Capitolo numero 3 Il greco


L’autore viene dimesso su sua richiesta dallo stato di malattia dal dottore e ben presto si trova su un carro insieme ad altri.
Viene a comprendere che sta andando a Cracovia, in questo viaggio fa la conoscenza di un greco: Mordo Nahum, con il quale scende e si dirige a piedi verso “la libertà”.
I due affrontano il freddo e la fame e altre vicende sino a giungere, insieme a Katowice, luogo ove esistevano campi di raccolta per italiani e greci. Così i due si salutano, anche se si incontreranno nuovamente.


Capitolo numero 4 Katowice

L’autore giunge così al campo di Katowice, ben presto riesce a trovare impiego come aiutante farmacista e soprattutto come aiutante dell’amico Leonardo nell’ispezionare gli abitanti del villaggio per trovare pidocchi.
L’autore conosce Galina, una ragazza ucraina che lo aiutava a riempire le carte burocratiche del campo sul suo lavoro svolto, traducendo il tedesco in russo.
Viene presentata la figura del ragionier Rovi il quale si era autonominato colonnello Rovi e aveva appeso fuori della sua porta un cartello con su scritto “Commando Italiano”.
Il campo era diretto da un Kommandantur, una grande famiglia priva di veri e propri scale gerarchiche.
Intanto l’autore, riprese le forze e la salute decide con Cesare, un nuovo amico, di andare in città a divertirsi un po’ .


Capitolo numero 5 Cesare

Ecco di nuovo Cesare, l’ex compagno di Lager dell’autore.
Levi conobbe Cesare gli ultimi giorni di Lager quando sentiva provenire dalla stanza attigua alla sua parole di lingua italiana. Dalla reclusione nella stanza dei dissenterici non erano passati che tre mesi ma Cesare stava già molto bene: era vispo e felice.
Così nel capitolo l’autore narra la storia che l’amico gli racconto descrivendo la sua avventura.
Una notte dei soldati russi andarono al campo dove dimorava l’autore e svegliarono tutti affermando che ben presto sarebbe avvenuta un’ispezione, perciò il Komandantur fece ripulire e sistemare il più possibile il campo.
L’ispezione avvenne dopo qualche settimana da parte di un capitano che poi si fermò per molto tempo nei pressi del campo, poiché trovò una motocicletta della quale “s’innamoro”.
Aprile era così giunto alla fine e la neve iniziava a sciogliersi.
L’autore e cesare decidono di andare nella cittadina e quello che gli si propone dinnanzi sarà uno spettacolo tetro, orribile: case distrutte e tombe russe invadono la loro vista.
Cesare invita Primo Levi al mercato con lui e gli mostra come sa vendere cose comprate dal suo socio in affari Giacomantoio.


Capitolo numero 6 Victory Day

Cesare trova una compagna e chiede a Levi se poteva aiutarlo ad insegnarli qualche parola in polacco o in tedesco, ma l’autore non potè aiutarlo perché non conosceva quelle specifiche parole.
Intanto la guerra stava per terminare e coincideva con una festa popolare e per questo il Kommandantur organizzò una rappresentazione teatrale per i pochi uomini e donne rimasti al campo.
Giungeva così la notizia che i primi di Maggio la guerra sarebbe finita.
L’aria di festa portò gli italiani a giocare una partita di calcio contro i polacchi, ma alla fine della partita durante la marcia di ritorno verso il campo iniziò a piovere e l’autore nei giorni seguenti stette molto male: il respiro era sempre più pesante e sempre meno frequente, l’aria sembrava mancargli.

Capitolo numero 7 I sognatori

Leonardo e cesare cercando di aiutare Levi che respirava molto pesantemente portano dal malato il dottor Gottlieb il quale era riuscito a scampare dal campo di Aschwitz e illecitamente possedeva molti medicinali, questo medico era avvolto da una nube di mistero, ma comunque riesce a curare l’autore dal male che lo affliggeva.
Il Moro, compagno di stanza di Levi, era un vecchio muratore, estremo bestemmiatore dal quale tutti stavano lungi e cercavano di non disturbarlo mai.
Il trovato aveva trentenni ed oramai era convinto che tutto il mondo lo odiasse ed il tutto perché in passato dopo varie incitazioni vendette la sua bottega di barbiere e tratto in inganno con promesse di teatro finì per trovarsi senza niente, così uccise uno dei suoi “adulatori”.
Cravero, altro compagno di Levi a Katowice, tornò in Italia partendo senza denaro e preoccupazioni e riuscì a portare alla madre dell’autore una sua lettera dove descriveva il suo stato di “benessere” invitandola a non preoccuparsi.
D’Agata era un muratore siciliano che non riusciva a dormire la notte a causa delle cimici che uscivano dalle tane e andavano sui giacigli e sui dormienti. D’agata però aveva un amico concreto, come dice l’autore, in grado di poter essere combattuto, a differenza di tutti gli altri.


Capitolo numero 8 Verso Sud

Giunge al campo la notizia che l’indomani il rimpatrio degli italiani sarebbe iniziato, così l’autore e Cesare come tanti altri si recano al paese per poter usufruire a pieno delle loro poche risorse economiche comprando viveri per il viaggio che avrebbe affrontato.
Il viaggio inizia a meta del giugno del 1945 su di un treno e si interruppe pochi giorni dopo a Zmerinka, per tre giorni, fino a quando un altro convoglio di italiani, provenienti dalla Romania, arrivò nello stesso paese e il giorno dopo, tutti erano nuovamente in viaggio, ma stavolta verso Nord.


Capitolo numero 9 Verso Nord

Alla fine di giugno i 1400 italiani che erano bloccati alla stazione di Zmerinka partirono verso nord, allontanandosi quindi dalla patria e dal mare.
Il viaggio durò soltanto due giorni e una notte, e i passeggeri dovettero scendere dal treno a notte fonda e sotto un forte temporale.
L’indomani i “prigionieri” si trovano in un vecchio campo distrutto dai tedeschi, e Levi decide di allontanarsi un poco per poter asciugare al sole il suo corpo ed i suoi abiti.
L’autore rimase stupito dall’incontro che gli si propone davanti: il greco Mordo Nahum, che gli chiese se avesse bisogno di qualcosa e gli offre una donna che era alle sue dipendenze.
Ma l’autore rifiuta l’invito e saluta l’amico.
Da quel momento in poi non vide il greco Mordo Nahum.


Capitolo numero 10 Una Curizetta

L’autore e gli altri italiani furono avvisati che sarebbero partiti da un altro paese, a 70 km circa di distanza.
Staryje Doroghi, donne, bambini e i soliti “raccomandati” in treno, gli altri in marcia a piedi.
Il viaggio iniziò il 20 luglio.
Una sera durante il viaggio, l’autore e qualche amico decidono di allontanarsi dalla fila che marciava e di dormire in una capanna.
Così Levi e Cesare riescono a raggiungere un piccolo paese e dopo molti tentativi e due riuscirono a farsi comprendere e barattarono una gallina con sei piatti, ovviamente loro presero la gallina.
Cesare e Levi tornarono dagli amici e cucinarono la gallina, o meglio la cosiddetta curizetta.


Capitolo numero 11 Vecchie strade

La mattina Cesare e Primo tornano al piccolo paese per cercare di comprare qualcosa, e riescono a procurare per loro e per gli amici un passaggio su un carretto fino alla destinazione della marcia che avevano abbandonato momentaneamente.
Durante il viaggio incontrano il Moro che rifiuta il loro passaggio e prosegue correndo. Il signor Unverdorben spiega ai compagni che il Moro era così a causa della figlia paralizzata per sempre. Giunsero così a destinazione e il villaggio dove avrebbero dovuto stare era un insieme di edifici architettonicamente differenti.
Nel nuovo villaggio non mancavano cibo ed acqua, così Cesare iniziò commerciare il pesce che veniva dato loro dai russi due volte a settimana.
L’ingegno di Cesare gli fece comprendere che il pesce avrebbe reso di più nelle contrattazioni se iniettato di acqua nella vescica perché sembrava più grande agli occhi dei compratori; inizialmente il commercio andò molto bene senza troppe complicazioni ma un giorno Cesare tornò al campo senza niente, solo e malinconico. Pochi giorni dopo disse di aver visto una madre con dei figli che non mangiava da due giorni e così aveva regalato tutto alla famiglia affamata.


Capitolo numero 12 Il bosco e la via

L’autore, oramai lontano dalle percosse e dalla fame si trova colpito da una forte sensazione di ansia e depressione.
Vicino la Casa Rossa, dimora momentanea dell’autore, vi è un folto bosco e l’autore vi si addentra finendo col perdersi, ma dopo ore di cammino riesce a ritrovare la strada per ritornare alla casa rossa. Le perlustrazione del bosco comunque continueranno.
Due compagni di Levi si daranno alla vita solitaria nella foresta.
Nella folta foresta abitavano anche due tedesche che lontane dalla patria vivevano di prostituzione.
Gli italiani abitarono nella Casa Rossa per due mesi.
Passarono i giorni e le strade che passavano davanti alla residenza dell’autore si fecero sempre più trafficate, inizialmente da soldati che rimpatriavano con mezzi a motori, col passare dei giorni però i mezzi iniziarono a modificarsi finendo col mutarsi completamente in cavalli. Molti furono i soldati a cavallo.
Ben presto quindi gli italiani si accorsero che i soldati non contavano i cavalli e in assenza di un censimento vero e proprio Levi ed i compagni decisero di iniziare a cacciare i cavalli, fu così che dopo mesi di digiuno dalla carne, l’autore e molti suoi compagni si ritrovarono a gustare il sapore della carne.


Capitolo numero 13 Vacanza

Un giorno l’autore all’ambulatorio incontra una giovane donna alla quale viene diagnosticata una gravidanza al terzo mese, era un viso familiare e così Levi si accorge che la donna non era altro che Flora, la donna che conobbe alla Buna; l’autore descrive i ricordi che la visione di Flora gli portarono alla mente. Primo Levi però decide di non salutare la ragazza e di non farsi quindi riconoscere.
Un giorno passo dalla Casa Rossa un camion cinematografico che sostò per tre giorni al villaggio, proiettò ogni sera un film differente: il primo illustrava una vicenda su un aeroplano a due posti, il secondo della vita di un marinaio e la terza di un uomo incolpato ingiustamente di un crimine e che evade dal carcere salvando poi il suo paese da un uragano.
Ogni sera per vedere il film nella sala vi era una grande fila; alcuni soldati russi, eccitati dai film veduti invasero i dormitori femminili italiani. Così alcuni italiani decisero di offrirsi volontari per effettuare un servizio di ronda a difesa delle signore, che vennero tutte riunite in una camerata unica.


Capitolo numero 14 Teatro

Alla Casa Rossa per far passare il tempo furono messe in scena delle piccole rappresentazioni teatrali (è gia la seconda volta che in un campo dove si trova l’autore si verifica questo evento). Una di queste era una satira sulle condizioni di vita degli italiani nelle mani dei russi.
I russi una notte svegliarono tutti e consegnarono un po’ di denaro a ciascuno, ben presto giunse la notizia che il rimpatrio era vicino per tutti gli italiani. La notizia fu confermata una sera durante la rappresentazione teatrale, rappresentazione che oramai da giorni si ripeteva senza alcuna differenza.
Pochi giorni e il treno avrebbe portato gli italiani a casa.


Capitolo numero 15 Da Staryje Doroghi a Iasi

Giunge il giorno della partenza, il 15 settembre 1945, dalla stazione di Staryje Doroghi, e i passeggeri si dispongono nei vari vagoni seconda combinazioni che oramai vigevano da tempo nella Casa Rossa: coppie, donne, rumeni, ex detenuti a San Vittore, componenti dell’orchestra, ed infine il gruppo dell’autore, denominato il gruppo dell’infermeria.
Oramai il viaggio era iniziato e i passeggeri compresero ben presto che sarebbe durato molto a causa della bassa velocità del mezzo e della mancata organizzazione del viaggio. L’autore nel capitolo narra una vicenda di mercato accaduta ad una fermata del treno, che come al solito vedeva al centro dell’evento Cesare.
Il convoglio comunque continuava il viaggio e giunse finalmente al confine con la Romania.
Alla stazione di Iasi l’autore e due amici scendono dal treno e conoscono il pilota dell’unico tram presente nella cittadina, un ebreo che consiglia ai tre italiani di fare visita alla comunità ebrea del posto; i tre accettano si lasciano trasportare sino alla meta.
Ad accoglierli sono due anziani che dopo convenevoli saluti e benedizioni iniziano a raccontare e ad ascoltare le sventure dei mesi passati, prima di lasciare andare i tre ospiti, gli anziani della comunità ebraica offrono un poco di denaro ed un cesto di uva da dividere con gli altri ebrei del convoglio.


Capitolo numero 16 Da Iasi alla linea

Nel capitolo l’autore narra le sensazioni provate nel vedere il paesaggio cambiare davanti ai suoi occhi, passando dalla Slovacchia, all’Ungheria sino all’Austria.
Durante una sosta, il caro amico dell’autore, Cesare, decide di scendere dal convoglio e proseguire da solo, promettendo di tornare a Roma con l’aeroplano dopo aver messo un po’ di denaro da parte; l’autore accenna alla riuscita del progetto dell’amico.
In fine viene descritto il passaggio dalle mani dei russi a quelle degli americani, e così le formalità che accompagnarono questo avvicinamento alla libertà degli italiani; viene inoltre descritta la disinfestazione alla quale ogni italiano, uomo o donna che fosse, fu sottoposto.


Capitolo numero 17 Il risveglio
Ecco che l’autore riesce a tornare in Italia, passando da Monaco, e per il Brennero la sera del 19 Ottobre 1945. Il convoglio si fermerà poi in provincia di Verona e i compagni si salutano, oramai pronti ad affrontare il vero ritorno a casa.
Primo Levi torna a casa l’indomani ma non si sofferma nel descrivere il ritorno alla propria vera casa, neppure si dilunga nel dipingere con parole di conforto provato nel rivedere i propri parenti ed i propri amici; bensì Levi narra con oculata precisione la volontà di descrivere e raccontare accuratamente la sua “avventura”.
L’autore racconta anche del sogno che sovente la notte lo avvolgeva come il freddo gelido del Lager: il ritrovarsi nel lager e comprendere che non ci sarà mai più libertà, e che il ritorno a casa è stato solo un sogno, e l’unica certezza per sempre sarà solo il Lager.

Dei seicentocinquanta, quanti eravamo partiti, ritornavamo in tre. E quanto avevamo perduto, in quei mesi? Che cosa avremmo ritrovato a casa? Quanto di noi stessi era stato eroso, spento? Ritornavamo più ricchi o più poveri, più forti o più vuoti? Non lo sapevamo: ma sapevamo che sulle soglie delle nostre case, per il bene o per il male, ci attendeva una prova e la anticipavamo con timore.

Se questo è u uomo

Autore : Primo Levi

Titolo : Se questo è un uomo

Anno di scrittura : Dicembre 1945 – Gennaio 1947

Origine : Italiana

Genere : Romanzo

Narrazione : Prima persona, un diario che narra le vicende dei lager. Compaiono tuttavia flash-back e dialoghi

Protagonista : Primo Levi

Altri personaggi : Steinlauf , compagno di Lager dell’autore che lo sospinge a non perdere la propria dignità di essere umano; Alberto, giovane ventiduenne amico dell’autore e suo compagno nel block 45; Doktor Pannwitz; Kraus, compagno di lavoro dell’autore; Jean il Pikolo, colui che intratteneva i rapporti con il Kapo e la cucina; Schepschel, uno dei tanti,
L’ingegnere Alfred L.; Kapo del Kommando di Chimica;
Elias Lindinzin n. 141565, alto poco più di un metro e cinquanta, impressionava per la sua forza, e grazie alla forza e alla sua ignoranza riuscì a vivere nel Lager.
Henri, ricco di protettori e amici, riusciva a sfuggire agli obblighi più duri, visse e uscì dal Lager.
Resnyk, compagno dell’autore; altri personaggi e compagni del personaggio principale.


Ambiente : Ad esclusione di qualche pagina iniziale tutto si svolge all’interno del Lager

Epoca : Seconda guerra mondiale, sterminio in massa degli ebrei da parte della razza ariana
Scritto appunto dal dicembre 1945 al gennaio 1947 è da ritenersi un’opera scritta immediatamente dopo gli eventi descritti nel libro

Tematica : La deportazione degli ebrei, il tentativo da parte dei tedeschi di annullare ogni uomo nel suo interno, ma soprattutto il tema affrontato dall’autore è quello di non voler dimenticare quello che è stato affinché il futuro possa godere di questa atroce esperienza ed evitare un'altra simile tragedia.

Capitolo numero 1 Il viaggio


L’autore introduce la sua cattura per mano della milizia fascista il 13 dicembre 1943, dopo esser stato trovato su di un colle con altri “partigiani” ed esser stato scambiato per un’altra persona.
Il primo campo di concentramento è quello di Fossoli, presso Modena, dove inizialmente gli ebrei erano circa 150 ma in poco tempo giunsero oltre i 600.
Un giorno un drappello di SS annunciò la deportazione verso un altro luogo, era il 20 febbraio quando i tedeschi ispezionarono il campo con cura trovandoci molti difetti.
La notizia che il giorno seguente sarebbe iniziato il viaggio sconvolse tutti e ognuno viveva il proprio shock a suo modo, presentazione della famiglia di Gattegno, molto numerosa, di falegnami, gente pia e lieta.
Il viaggio iniziò dalla stazione di Carpi, dove gli ebrei furono messi dentro a vagoni senza finestre (tradotte) la mattina e soltanto la sera il treno partì con destinazione Aschwitz, il viaggio fu molto lungo e i “passeggeri” ad ogni fermata inizialmente chiedevano da bere, da mangiare, o almeno un po’ di neve, ma niente!
Al momento dell’arrivo furono divisi in due gruppi in base ad alcune brevi domande : età e salute.
Quella fu l’ultima volta che il gruppo dell’autore vide le altre persone. I tedeschi durante l’appello chiamavano pezzi gli ebrei.
Il gruppo dell’autore fu trasportato fino al campo di concentramento da un furgone. Solo 4 persone che erano sul vagone con l’autore riusciranno a tornare a casa, e quello fu senza dubbio uno dei più fortunati.

Capitolo numero 2 Sul fondo


L’autore presenta l’arrivo al campo di concentramento e le incomprensibili azioni da compiere per lavarsi e vestirsi. Ore immobili e nudi, aspettando qualcuno o qualcosa senza sapere però chi o cosa.
Vengono tolti abiti, scarpe, orologi, tutto insomma; viene fatto il tatuaggio sul braccio sinistro con il nuovo nome (174517 per l’autore). L’autore accenna alle molte regole insensate che venivano poste ai prigionieri ed elenca 3 tipi di prigionieri presenti nel campo:
• I criminali
• I politici
• Gli ebrei
Tutti vestiti a righe, tutti sono Haftlinge, ma i criminali portano accanto al numero, cucito sulla giacca, un triangolo verde, i politici un triangolo rosso; gli ebrei la stella ebraica gialla e rossa.
L’autore poi presenta le usanze del campo: la paura di esser derubato e per questo il dormire con “tutto” sotto la testa. Viene inoltre mostrato anche il lavoro: suddivisi in circa 200 Kommandos composti da 15 a 150 uomini, comandati da un Kapo, vi erano Kommandos di specialisti: elettricisti, muratori, fabbri ed altri, che non contavano però più di 400/500 persone.

Capitolo numero 3 Iniziazione


L’autore accenna alla sua “definitiva” sistemazione nel block numero 30, in cuccetta con Deina, il quale lo accoglie molto amichevolmente facendogli spazio per dormire.
Ma il vero argomento del capitolo è la dignità dell’autore che sta per ledersi totalmente, giorno dopo giorno. L’autore infatti si chiede perché deve lavarsi se tanto non deve piacere a nessuno, se tanto solo dopo mezzora sarà nuovamente a trasportare sacchi di carbone.
Questi quesiti vengono ancor più sospinti quando l’amico dell’autore: Steinlauf, quasi cinquantenne, cerca di far capire allo stesso che non deve lavarsi per piacere a qualcuno, non deve pulire le scarpe per bellezza, ma solo per la dignità, perché è l’unica cosa che nel Lager non possono togliere materialmente.
L’autore conclude il capitolo chiedendosi, se vale la pena di continuare a lottare per la propria dignità oppure se conviene abbandonare le speranze di una vita migliore.

Capitolo numero 4 Ka-Be


Durante una mattina di lavoro, Primo Levi si trova a dover trasportare una pesante lastra di ferro insieme ad un ragazzo.
Purtroppo il peso grava troppo sulla spalla dell’autore che dopo un ulteriore sforzo vede cadere la lastra sul suo piede sinistro; l’estremità dell’oggetto cade sul dorso del piede procurando una notevole ferita che costringe l’autore a fermarsi, fortunatamente però nessun osso si è rotto.
Così, Primo Levi dovrà presentarsi la sera, dopo la cena, all’infermeria per poi recarsi l’indomani ancora una volta al controllo. I controlli sono lenti e meticolosi.
L’autore dovrà trasferirsi nella Ka-Be, dove riceverà la cuccetta numero 10, cuccetta che l’autore per la prima volta non dividerà con nessuno. Nella cuccetta a fianco, l’autore conosce due uomini, uno dei quali pochi giorni dopo verrà portato via e non sarà più visto dai compagni.
Al termine del capitolo l’autore esamina il comando che Hitler darà poi in futuro, il comando di sterminare tutti i prigionieri dei Lager, affinché non potessero portare al mondo la testimonianza delle atrocità subite.

Capitolo numero 5 Le nostre notti


Dopo aver passato venti giorni nella Ka-Be, l’autore viene dimesso e affidato al block 45, il block di Alberto, un giovane ventiduenne amico di Levi.
Nonostante Alberto goda di molto rispetto nel block i due non riescono a dormire nella solita cuccetta. L’autore presenta i sogni-tormento che entrano nella mente della maggior parte dei prigionieri: il primo quello di trovarsi con la famiglia e narrare loro le vicende dei lager e non essere ascoltati, l’altro quello di avere davanti bevande e viveri di tutti i tipi, ma purtroppo senza mai riuscire ad approfittarne come nel mito greco di Tantalo.
L’autore narra le vicende anche della notte, quando i prigionieri dovevano svuotare il secchio dei rifiuti organici: chi andando al secchio per espellere le proprie necessità lo trovava pieno doveva uscire dalla baracca, dare il proprio numero alla guardia e svuotare il secchio nella neve.
Primo Levi racconta anche del risveglio al comando alzarsi, comando che quasi tutta la baracca udiva già da sveglia.

Capitolo numero 6 Il lavoro


Il compagno di cuccetta dell’autore deve essere ricoverato in ospedale e perciò lascia i suoi averi allo stesso e tra questi ci sono anche un paio di guanti.
Il nuovo compagno di Levi è Resnyk, un polacco di 30 anni che ha vissuto gli ultimi 20 anni della sua vita a Parigi, ma nonostante ciò il suo francese è scadente.
A lavoro i due si trovano insieme con grande stupore dell’autore che non pensava di lavorare col compagno il quale era molto gentile, alto e caricava su di sé la maggior parte del lavoro.
Il terreno era ricoperto di neve e Levi esausto chiede il permesso di andare alla latrina, e vi verrà accompagnato da Wachsmann, un prigioniero anch’esso. Vi è una lunga descrizione di costui.
Poi giunge il momento del rancio, il risveglio delle speranze accompagnate da mille paure.
E nuovamente inizia il lavoro.

Capitolo numero 7 Una buona giornata


Fortunatamente l’inverno rigido e freddo passa e per la prima volta il sole riscalda i condannati. Ancora una volta i prigionieri si accorgono della loro triste situazione e vi sono ancora paragoni con il Vecchio Testamento. La giornata tuttavia sembra meno dolorosa delle altre e il Komando dell’autore ha a disposizione un rancio di 50 litri, e sono in totale 15 persone, rancio che consumeranno in tutto l’arco della giornata.


Capitolo numero 8 Al di qua del bene e del male


L’autore in questo capitolo decide di presentare la vita economica del campo di concentramento, delinenando i caratteri del baratto tra i prigionieri, tra i prigionieri e l’esterno e tra i prigionieri e i medici.
Con la presentazione dettagliata vengono scritte anche le pene inflitte ai ladri e ai derubati.
Così conclude il capitolo, chiedendo al lettore se all’interno del campo era possibile parlare di bene e di male, giusto o sbagliato.

Capitolo numero 9 I sommersi e i salvati


L’autore presenta in questo capitolo i comportamenti e i ragionamenti propri del prigioniero del Lager per continuare a vivere e trarre più benefici possibili dall’astuzia.
Vengono narrate quattro storie di 4 uomini differenti tra loro:
1. Schepschel, uno dei tanti, molto accorto e persino parsimonioso, ma non esitò a far fustigare un suo complice in un furto per candidarsi come lavatore di marmitte
2. L’ingegnere Alfred L., era uomo ricco e potente fuori dal Lager, e ben presto comprende l’importanza di distinguersi dagli altri, così in cambio di razioni alimentari si compra abiti e scarpe nuove, per questo riuscì a salvarsi essendo poi stato scelto come Kapo del Kommando di Chimica.
3. Elias Lindinzin n. 141565, alto poco più di un metro e cinquanta, impressionava per la sua forza, e grazie alla forza e alla sua ignoranza riuscì a vivere nel Lager.
4. Henri, ragazzo ventiduenne comprese ben presto che erano tre i modi per vivere: organizzazione, furto e pietà; era ricco di protettori e amici, riusciva a sfuggire agli obblighi più duri, visse e uscì dal Lager.

Capitolo numero 10 Esame di chimica


La notizia di un nuovo Kommando giunge all’autore, che si presenta assieme ad altre 14 persone al nuovo Kapo.
Il kommando 98 doveva essere un kommando di specialisti chimici ma in realtà meno della metà conoscevano la chimica. Così tre giorni dopo verrà l’esame per essere ammessi al kommando. I primi sei prigionieri dettero l’esame al mattino mentre l’autore dovette aspettare il tardo pomeriggio, l’esame andò molto bene, tuttavia l’autore non si illuse di migliorare le sue condizioni di vita.

Capitolo numero 11 Il canto di Ulisse


L’autore si trova coi suoi 5 compagni a raschiare il fondo di una cisterna interrata quando giunge qualcuno, era Jean, il pikolo, colui che intratteneva i rapporti diretti con il Kapo, con la cucina. Jean avverte che sarà Primo Levi ad accompagnarlo a prendere la razione al rancio per tutti. Durante il viaggio per giungere alla cucina e due parlano e l’autore recitando anche alcuni versi del canto di Ulisse della Divina Commedia.
L’autore trova molte similitudini tra la sua vita nel Lager e il canto di Ulisse.

Capitolo numero 12 I fatti dell’estate


L’autore racconta dell’estate del ’44 quando i bombardamenti iniziarono a colpire il campo di concentramento, spiegando i rumori, gli odori e le condizioni di vita dei prigionieri. Le speranze ricavate dalle notizie provenienti dall’esterno: l’offensiva russa ed il fallito attentato ad Hitler, lo sbarco in Normandia.
L’autore presenta anche il suo contatto con l’esterno, Lorenzo, civile italiano, il quale lo aiutò con la sua presenza a vivere e non dimenticare di essere un uomo.


Capitolo numero 13 Ottobre 1944


Un giorno l’autore all’uscita dalla baracca si accorge che l’inverno è giunto oramai al campo di concentramento e pensa che l’anno prima non avrebbe mai pensato di passare un anno nel Campo. Giunge la notizia che una selezione sarà fata ben presto a causa della sovrappopolazione del campo.
Viene descritta la selezione, rapida nell’effettuarsi ma lenta nelle procedure iniziali e soprattutto molto ricca di errori, sviste e giudizi inaspettati.
L’autore si salva e riflette su un suo compagno di baracca che ringrazia Dio pregando, giungendo alla conclusione che oramai pregare era inutile.

Capitolo numero 14 Kraus


Primo Levi si trova a lavorare insieme ad altri prigionieri a catena per formare una grande buca. Colui che detta il tempo è Kraus, un giovane ungherese che però lavora troppo veloce e per questo gli altri si lamentano. Il tempo è orribile e il terreno è completamente fangoso, ma l’autore si consola col fatto che non ci sia vento. Alla fine del lavoro Kraus si scusa con l’autore per avergli tirato sulle ginocchia un po’ di fango, ma Levi cerca di non far sentire in colpa Kraus e si inventa di averlo sognato a causa sua, e tutti staranno bene per un poco.

Capitolo numero 15 Die drei Leute vom Labor


Oramai l’inverno è giunto e inaspettatamente un giorno giunge al kommando chimico la notizia che tra i prigionieri sono stati scelti dal Doktor Pannwitz nel Bau (edificio) 939 come specialisti di chimica. Tra questi nuovi specialisti vi è anche l’autore che riceve ben presto vestiti e scarpe nuove e ogni mercoledì sarà rasato. I 3 lavoreranno in un laboratorio, dove non sentiranno il freddo infatti dentro la stanza di lavoro c’erano ventiquattro gradi centigradi.
Insieme ai 3 prigionieri ci sono anche 5 donne tedesche civili, che non parleranno mai con i 3 e neppure risponderanno mai alle loro domande.
Certo è che i prigionieri si vergognavano molto per la loro situazione però trassero molto vantaggio dal non dover stare all’aperto al freddo ed al gelo.

Capitolo numero 16 L’ultimo


Oramai la fine dell’anno era vicina.
L’autore e il suo amico Alberto non lavorano più insieme ma durante la marcia di ritorno potevano parlare. I due erano riusciti a procurarsi una menaschka, cioè una gamella, più di un seccio che una gamella, dove potevano mettere la razione di zuppa che gli veniva regalata dai civili (sempre in segreto ovviamente).
Un giorno durante il ritorno furono tutti messi in riga e uno fu preso e impiccato perché ritenuto responsabile di un attacco ad un crematorio, e poco prima di morire gridò di essere l’ultimo a morire così, lo stupore cade sul lettore perché l’autore afferma che nessun tipo di assenso emerse dai prigionieri: niente, continuarono nel loro silenzio imperturbabile e andarono ognuno nella propria baracca a dormire.

Capitolo numero 17 Storia di dieci giorni


L’11 gennaio 1945 l’autore si ammalò di scarlattina e venne ricoverato in Ka-Be nel reparti infettivi, nella cameretta erano in 13 e l’autore ebbe una cuccetta tutta per sé. Proprio in quei giorni l’attacco ccontro la Germania stava per giungere a compimento e così il campo doveva essere evacuato eccetto che per i malati gravi (compreso l’autore). Tutti i prigionieri meno gravi e sani dovettero partire a piedi insieme alle SS. L’autore rimane nella camera con dieci compagni poiché 2 decisero all’ultimo momento di andare con le SS.

18 gennaio nella lonnte dell’evacuazione tutto rimase come nei giorni precedenti, ma l’ndomani vi fu un bombardamento al capo e le SS scapparono così l’autore e i compagni rimasero soli nelle loro baracche, obbligati a non poter aiutare gli altri malati oramai rimasti senza baracca a causa delle bombe.

19 gennaio l’autore insieme a 2 francesi al mattino esce della camera e va a cercare una stufa e del cibo, lo spettacolo che gli si prospetta davanti è una vista atroce e inimmaginabile,comunque i tre riescono nell’impresa e trovano in una camera una stufa, due sacchi di patate, legna, carbone e spirito e lievito. Mentre si impegnavano per la far funzionare la stufa i compagni gli dettero un po’ di pane, questa era la fine del Lager

20 gennaio l’autore insieme a Charles, un suo compagno di camera, uscendo per trovare viveri, riuscì a trovare molte rape e molti cavoli seppur congelati, ma la ricerca fruttò anche un barattolo da cinquanta chilogrammi di acqua orami congelata e poi anche una batteria da autocarro. Dalla finestra della stanza i malati vedevano i tedeschi fuggire con ogni mezzo per la strada.

21 gennaio Charles e l’autore iniziarono a trattarsi come uomini e non più come prigionieri. Dettavano regole nella camera per non morire e cercare di star meglio

22 gennaio l’autore e Charles vanno nel campo delle SS e trovano molte cose che portano in camera; più avanti seppero che poche ore dopo delle SS tornate al campo trovarono alcuni prigionieri che si erano insidiati lì e li uccisero tutti.
Nella Stanza accanto a quella dell’autore ci stavano i dissenterici e tra questi vi erano due italiani, ai quali l’autore una notte portò una piccola razione di cibo. La notte Lakmaker, un giovane olandese della cuccetta sotto quella dell’autore si sentì male e Charles lo aiutò pulendo tutto, disinfettando ogni cosa.

23 gennaio l’autore e Charles vanno a vedere se trovano altre patate e giungono fuori dal reticolato per la prima volta. Trovarono molte patate e la fame non era più un problema.
Intanto Stertelet, un compagno di stanza dell’autore peggiorò in maniera talmente grave da non riuscire neppure più a mangiare.

24 gennaio la fame oramai non riusciva più ad essere attenuata dalle patate. Il block 14, un giorno decise di far visita al campo dei prigionieri di guerra inglesi e ne ritornarono con molte cose utili. Così l’autore e Charles iniziarono a fabbricare nella loro camera delle candele che barattavano con il block 14 in cambio di lardo e farina.

25 gennaio era il turno di Sòmogyi, chimico ungherese cinquantenne in camera con l’autore che dopo giorni di silenzio disse ai 3 di dividersi la sua rezione di pane che conservava sotto il cuscino; poi il delirio completo: a ogni respiro pronunciava con enfasi la parola Jawohl. Intanto la sera, Charles, Arthur e l’autore si sedevano accanto alla stufa e parlando si sentivano uomini

26 gennaio durante la notte, al cessare del frastuono degli ebrei, il monologo delirante di Sòmogyi continuò sino a che, cadendo dalla cuccetta con un ultimo rantolo morì. I compagni non potevano portarlo fuori di notte, così si rimisero a dormire.

27 gennaio l’indomani mattina Charles e Primo Levi dopo aver fatto le solite e consuete azioni portarono il cadavere di Sòmogyi fuori con una brandina. In quel momento arrivarono i russi. L’autore conclude accennando alle vite dei compagni di stanza dopo l’uscita dal Lager.

e venne chiamata due cuori

“…e venne chiamata due cuori” (titolo originale “Mutant message down under”) è un libro scritto da Marlo Morgan e pubblicato nel 1994. L’autrice americana ha studiato medicina ed è impegnata attivamente nel campo della prevenzione sanitaria.
La vicenda è autobiografica, nel senso che l’autrice ha voluto mettere per iscritto una storia realmente accadutale qualche anno fa e pubblicarne il messaggio che ha ricavato da questa unica (è proprio il caso di dirlo) esperienza.

La vicenda inizia quando una mattina, la protagonista viene accompagnata ad un raduno tribale di aborigeni, dove avrebbe dovuto fare il suo discorso di ringraziamento e abbuffarsi di cibarie. Ancora era all’oscuro di quello che realmente l’avrebbe aspettata. La jeep che l’avrebbe trasportata a destinazione, però, la conduce attraverso il deserto in un luogo in cui non avrebbe mai immaginato di andare: nell’Outback, ovvero una parte del deserto australiano, abitato tuttora da aborigeni. La sorpresa, o meglio, lo shock è tale che l’autrice non ha neanche il coraggio di ribadire niente e ben presto si trova vestita con abiti tipici aborigeni e con tutti i suoi soldi, gioielli e abiti bruciati in un bel falò. Ma non finisce qui, perchè praticamente è obbligata, o meglio, lei non è che si ribella più di tanto, a seguire tutta la tribù nel cuore del deserto per una passeggiatina di tre mesi!
A questo punto della storia, però, si ha un flash-back, in cui ci viene spiegato perché l’autrice si trova proprio nell’Outback. Innanzitutto, grazie al suo lavoro (qualcosa che concerne la medicina, credo), le è stata offerta l’opportunità di vivere per 5 anni in Australia. Ben presto, però, è stata colpita dall’opinione degli australiani sugli aborigeni, spesso discriminati. L’autrice si avvicina ad un gruppo di aborigeni e li introduce nel mondo del lavoro. Per questo la Morgan doveva partecipare a quell’incontro, per parlare dell’organizzazione che aveva creato e il suo successo che aveva ottenuto.
Da qui, poi si passa alla camminata nel deserto, che Marlo non si aspettava potesse durare tanto.Il punto è che lei credesse che l’esperienza non durasse più di due giorni, dato che non avevano nè provviste di cibo né di acqua, solo che, ben presto, imparerà che la Vera Gente (così sono chiamati gli aborigeni) si procura il cibo di volta in volta, cacciando le cose più inimmaginabili: serpenti, scarafaggi, formiche. Viene chiamata Mutante, per sottolineare la capacità di mutare, appunto, di aprirsi a qualcosa di completamente diverso da quello che viveva quotidianamente. Si accorge, man mano che i giorni passano, che il legame che la lega alla Vera Gente è molto forte e che la loro tribù era molto ben organizzata, ognuno aveva un proprio compito, scandito anche dai nomi che i membri decidevano di darsi: Guaritrice, Anziano, Donna dello Spirito, Fabbricatore di Utensili sono solo alcuni degli stravaganti nomi che troviamo in questo libro. Per di più, avanzando nella lettura, si vengono a scoprire alcune cose molto interessanti del modo di vivere della Vera Gente, come ad esempio il fatto che ogni membro della tribù può cambiare fino ad 8 nomi, in base al momento della sua maturazione. Infatti, gli aborigeni non sono soliti festeggiare i compleanni, ma festeggiano solamente quando una persona del gruppo diventa matura. Non c’è nessun significato a festeggiare il passare del tempo.
Altra curiosità è il fatto che queste persone siano capaci di comunicare tra loro con la telepatia (cosa tra l’altro sperimentata personalmente, ma non riuscita…) o di compiere dei veri e propri miracoli, come ad esempio la guarigione di un adulto del gruppo, che si era fratturato una caviglia.

Sinceramente, sono rimasta molto perplessa da alcune cose che ho potuto leggere e sono alquanto restia a credere a tutto quello che la protagonista ha vissuto.
Il titolo si ricollega al nome che viene affibbiato a Marlo una volta che il viaggio è stato completato: Due Cuori, uno da Mutante, uno aperto ad accogliere il messaggio della Vera Gente e a custodirlo per poterlo trasmettere, a sua volta, ad altri. Attraverso il viaggio nel deserto, Marlo ha percorso anche un viaggio di maturazione interiore, portando con sé ciò che gli aborigeni le hanno insegnato. Per questo motivo, una volta tornata alla normalità, ha deciso di tenere alcune conferenze per diffondere la volontà della Vera Gente: scomparire per sempre da questo mondo, per rinascere “…senza l’ingombro dei corpi…” in un mondo migliore, perché quello attuale si sta distruggendo, piano piano, per opera dei Mutanti e della tecnologia.
Leggendo questo libro, a volte sono rimasta un po’ perplessa, come ho già detto, riguardo la veridicità delle esperienze vissute dall’autrice. Un libro, comunque, interessante e piacevole da leggere.

Un viaggio nel cuore dell'Australia, alla ricerca delle nostre origini più spirituali, è il presupposto editoriale di ...e venne chiamata due cuori.
Un'avventura realmente vissuta dall'autrice che scopre di essere stata scelta da questa tribù di Aborigeni per diffondere nel mondo il loro messaggio d'amore. La Vera Gente ha deciso di estinguersi. Hanno deciso di condurre una vita di castità al fine di non procreare e non dare, quindi, proseguimento alla razza. Marlo Morgan, in tre mesi di vita con gli Aborigeni, impara a carpire ed apprezzare il loro mondo, fatto di piccoli gesti, ma sempre con grande rispetto per la natura e per gli uomini. Impara a vivere con ciò che offre Madre Terra, scopre il loro modo di comunicare con la telepatia, la loro medicina alternativa, la loro forza del pensiero e la loro memoria storica che riesce a ricordare eventi fino a cinquantamila anni prima (a dispetto di noi che siamo riusciti a malapena ad arrivare a quattromila anni fa, se pur con molti, grossolani errori). Un reciproco scambio d’esperienze, capendo l'inutilità e la pericolosità di molte nostre azioni quotidiane. Il nostro mondo è destinato a morire se non capiremo veramente quanto male facciamo a Lui e, di riflesso, a noi stessi.
L'autrice scopre di aver deciso molto prima di intraprendere questa avventura, in un'altra dimensione, insieme a Cigno Reale Nero.
Nascono, infatti, lo stesso giorno ed avevano programmato di ritrovarsi cinquant'anni dopo. E lei continua il viaggio intrapreso, diffondendo al mondo intero il loro messaggio spirituale, cercando di stimolare il lato positivo di tutti gli uomini.
Questo è il libro che ha lanciato Marlo Morgan ai vertici del firmamento New Age di tutto il mondo. Il secondo libro, "Il cielo, la terra e quel che sta nel mezzo", è molto più romanzato ed articolato, ma ha lo stesso scopo spirituale del primo. Io personalmente lo preferisco, mi ha donato molte più emozioni. Certo sono libri che fanno riflettere: coloro che da secoli sono considerati essere inferiori, coloro che girano nudi nel deserto cibandosi di bacche, semi ed animali crudi, sono improvvisamente messi sul piedistallo del mondo, facendoci sentire sempre più esseri che hanno perso il vero senso dell'esistenza, concependo la vita solo come una corsa verso successi venali e oggettivamente inutili.
Credo che il mondo sia arrivato al punto di doversi fermare un attimo. Sì, fermarsi e domandarsi dove sta andando. Qual è il vero scopo della nostra vita? Può essere tutto catalogato in un esasperante desiderio di possesso e successo? O forse dovremmo imparare, ancora una volta, a guardare il sorgere del sole, il nidificare di una rondine, il salto libero di un delfino felice. Credo di sì. Proviamo a ragionarci un attimino, penso che la tematica meriti un briciolo del nostro tempo.

Macbeth

PERSNONAGGI:
Duncano, re di Scozia.
Malcolm,
Donalbano, figli di Duncano.
Macbeth, generale dell’esericito del re, indi re.
Banquo, generale dell’esercito del re.
Fleance, figlio di Banquo.
Macduff,
Lenox,
Rosse,
Menteth, nobili scozzesi.
Angus,
Cathness,
Siward,
Il giovine Siward, conte di Northumberland, generale dell’esercito inglese.
Il figlio di Macduff, suo figlio.
Seyton, officiale del seguito Macbeth.
Un medico inglese.
Un medico scozzese.
Un soldato.
Un portiere.
Un vecchiardo.
Lady Macbeth, indi regina.
Lady Macduff. Cugina Rosse.
Una cameriera della regina.
Ecate.
Tre streghe.
Signori, gentiluomini, Officiali, Soldati, Satelliti, Messaggieri ed altre comparse. Lo spettro di Banquo ed altre apparizioni.




Sunto del I atto.
Tre streghe in un bosco parlano di una battaglia che avverrà in futuro, fanno una profezia. Nel mentre in un campo militare giunge al cospetto del re di scozia un soldato che gli espone i fatti: la Scozia e vittoriosa e grazie al valoroso Macbeth. Le streghe parlano ancora e questa volta di Macbeth, proprio da loro capita il guerriero e le tre veggenti accolgono lui ed il suo collega Banquo con una profezia: Macbeth diverrà re ma la stirpe vera e propria partirà dai figli di Banquo. Il guerriero ciò pare inverosimile poiché non è in carica di una nomina che però gli verrà poi offerta dal re per il suo valore. Intanto il re in viaggio passerà una notte con i suoi servi e figli nel castello del guerriero. Macbeth e Lady si accordano per uccidere il re e riuscire così a salire al trono poiché grazie alle cariche da lui ricevute il giovane Macbeth è il successore al trono. Durante la notte, quando il sonno è caduto sul castello Macbeth uccide il re riuscendo con l’aiuto della moglie a far cadere la colpa su due servi del defunto. I rimorsi si presentano alla mente del nuovo re.



Sunto del II atto.
Il corpo esanime del re viene trovato e della uccisione viene vengono accusati due sue guardie, il castello è in allarme e tutti si promettono di aiutarsi a trovare il vero colpevole o almeno il movente di un tale assassinio. Coscienti del rischio che correvano a restar nel castello i due figli di Duncano: Donalbano e Malcom, decidono di fuggire via, il primo in Irlanda, il secondo in Inghilterra. Il popolo mormora di vicende che avevano annunciato la morte del re: il canto del gufo, i cavalli del re che si divorarono da se e così via.

Sunto del III atto.
Banquo e Macbeth s’incontrano ed il suddito fa capire al nuovo re che è al corrente del suo assassinio, ma che deve star bene attento perché la profezia parlava di una stirpe per mano della famiglia di Banquo e non di quella che ora vigiliva sul regno. Macbeth sentitosai minacciato al potere dal suo ex compagno manda due suoi satelliti ad ucciderlo di sorpresa durante il suo ritorno dalla passeggiata a cavallo con il figlio. I satelliti falliscono per metà il compito impostogli dal re, riescono ad uccidere solo il padre lasciando scappare il figlio. Nel mentre al castello vi era la cena del nuovo re che però al momento del brindisi vede l’ombra del suddito ucciso che lo minaccia e chiede sangue, la larva però appare solo ai suoi occhi ed a quelli degli altri lui compare come un folle. Lady Macbeth finge che il marito sia afflitto da una malattia sin dall’infanzia per poterlo salvare dalla beffarda situazione agghiacciante. Il re manifesta alla moglie i suoi rimorsi. Intanto le tre streghe vengono duramente brontolate dalla loro leader la quale le accusa di aver mostrate ciò che non dovevano a Macbeth, il tutto per un loro attacco d’ira che durava da molto tempo.

Sunto del IV atto.
Ecate, la leader delle tre streghe annuncia alle sue suddite che il giorno seguente il re sarebbe andato da loro a chiedere loro il suo futuro. Così avviene e le tre streghe tramite tre apparizioni dicono al re che non verrà vinto finche la foresta non si muoverà contro di lui e che nessun uomo nato da donna potrà fargli del male. Intanto nella dimora di Macduff la Lady parla con Rosse, il quale si congeda dalla donna dopo aver cercato di consolarla. La madre annuncia al figli la morte del padre che etichetta come un traditore, ma il figlio seppur fanciullo smentisce le parole della madre. Poco dopo un corriere entra nella dimora e dice a Lady Macduff di fuggire con i figli, ella non ubbidisce ai consigli dello sconosciuto ed in seguito verrà uccisa con il figlio per mano di servi del re. In Inghilterra Macduff parla con il legittimo re: Malcolm. I due progettano una spedizione contro il traditore, contro il tiranno , contro Macbeth. Capita nella stanza dei due anche Rosse il quale dopo discorsi diversivi non può fare a meno di confessare la quasi certa uccisione della famiglia dell’amico. Oramai è sicuro: una spedizione è pronta contro Macbeth ed i suoi servi.

Sunto del V atto.
Nel castello di Dusinane vi è sgomento sia per i probabili attacchi sia perché Lady Macbeth sta male e delira, in sonno ha confessate le uccisioni che ha compiuto il marito con il suo aiuto ad un medico ed alla sua dama. Oramai i messaggeri arrivano soventi al re con messaggi tristi: una spedizione contro il suo castello è in arrivo. Macbeth non si preoccupa finchè non gli vien detto chela foresta è in movimento contro il castello (i nemici dopo aver preso rami e tronchi dalla foresta li trasportavano contro il nemico dando l’effetto desiderato, ovvero che la foresta si spostasse contro il castello). Giunge al re anche la notizia della moglie defunta a causa della crisi che l’aveva colpita. Il castello viene attaccato ed il re decide di indossare nuovamente l’armatura per combattere e lo fa senza paura finchè combattendo contro Macduff non viene a saper che esso non era nato per opera di sua madre ma era stato strappato col ferro dal fianco di sua madre. Macbeth viene ucciso. Malcolm è il nuovo re!

Jack Frusciante è uscito dal gruppo

CAPITOLO I
Alex è a casa , vede tutta la famiglia davanti alla tv che guarda Rocky IV e pensa che tutti sono imbambolati a causa della tv. Suona il telefono e lui risponde, è Adelaide, l’amica di una sua amica. I due si mettono d’accordo di trovarsi alla biblioteca alle 16:20 perché lei dovrebbe darle un libro di Cummings.
I due s’incontrano e iniziano a parlare e lo fanno con una naturalezza impressionante. Parlando lei dice che a Settembre partirà per l’America. Mentre lui slega la bicicletta per tornare a casa lei gli da un bacio sulla guancia. I due iniziano così a sentirsi più spesso ed il sabato dopo lui le chiede di mettersi insieme ma lei rifiuta dicendo che forse è meglio di no per il momento. Il giorno seguente lui passò tutto il pomeriggio sul letto a leggere un libro che lei gli aveva imprestato.
Alex sta male, passa tutta la Domenica a casa da solo. Chiama un suo amico, un certo Martino il quale è un tipo un po’ “scoppiato” e si danno appuntamento per il sabato successivo. Alex tutti i giorni a scuola incontra Aidi ma i due non si parlano, lui non ci sta molto bene.
È sabato pomeriggio ed Alex va da Martino. La casa di Martino è una villa su una collina e la sua camera è molto grande e piena di tante cose. Alex nota le cassette ed i CD (tanti) e qualche libro insieme a Ciak ed a Max, ma ciò che lo colpisce è il quadro di sughero sul letto con tutte le foto di Martino. Sua madre da giovane era la tipica figlia dei fiori mentre il padre il tipico snob.
La sera i due amici escono e si ubriacano, quando fanno ritorno a casa Alex vorrebbe passare da casa di Aidi. I due vanno a letto intorno alle 6:00 ed Alex all.e 12:00 va a messa e si sofferma sui catechisti, sui coristi e su tutti quelli che suonavano strumenti etichettandoli come ipocriti. Il giorno seguente Alex aveva un compito in classe di fisica ma nono toccò libro. Alex va a scuola ma pensa di “salare”, non trova nessuno quando incontra l’amico Rinaldi e decidono di andare via insieme. Alex ed i suoi amici sono di sinistra. Rinaldi quando giustifica si inventa qualcosa di strano. I ragazzi dopo non essere entrati a scuola vanno al bar degli artisti e dopo un po’ entra anche Hoge. I tre decidono di andare a casa di Rinaldi.
I tre vanno a casa di Rinaldi e tra una cosa ed un’altra si ubriacano. Per tornare a casa Hoge e Alex prendono il solito autobus ma Hoge scende prima. Alex stava male e sull’ autobus si aggrappa all’obliteratore, le persone lo guardano male e parlano e sparlano. Alex quando torna a casa si mette sul letto e riflete. È martedì pomeriggio e sta ancora male. Pensa di non avere più voglia di compromessi ma poi pensa che è solo stanco e basta.
Alex sta in casa e guarda VideoMusic quando squilla il telefono. Lui risponde svogliato pensando sia il padre ma poi sente la voce di Aidi, lei le di ce che ha ricevuto la sua lettera e che vorrebbe frequentarlo nuovamente. I due si promettono di parlarsi la mattina dopo a scuola e si danno anche appuntamento per il sabato dopo. Aidi dice ad Alex: <>

CAPITOLO II
Alex vede la casa di Adelaide e la descrive. I due stanno sempre insieme ed a volte anche la sera. Lui vorrebbe sempre stare con lei fino a Giugno. Alex descrive la famiglia di Adelaide. Alex va a confessarsi e chiede al parroco se viene mai detto del fatto di sentirsi sempre meglio.
Alex va ancora a trovare Adelaide e lo fa sempre con la sua bicicletta.
Alex era a scuola ed insieme a Toni ruba un Cd della professoressa di latino ad una sua compagna, Aidi tra poco andrà in gita con la scuola e lui passa le giornate a strappare i fogli delle elezioni appesi da tutte le parti. Martino chiama Alex dicendogli che qualche sera precedente la polizia lo aveva trovato fuori da una discoteca che stava male e con indosso un po’ di droga. Gli racconta che è stato in questura per un giorno ed il padre ha solo fatto finta di preoccuparsi, poi d’un tratto chiude la telefonata e Alex si preoccupa. Prima di telefonare Martino aveva inviato una lettera ad Alex. Al funerale di Martino c’era pochissima gente.
I genitori di Alex leggono di Martino sul giornale fanno al figli molte domandema lui svincola ogni realtà a lui dannosa con risposte fasulle, a scuola ed in giro Alex fa il più possibile per difendere l’immagine dell’amico. Lontani da tutti Alex ed Aidi parlano di Martino, ed Alex piange un po’.
Passano un po’ di giorni ed i due sono ancora innamorati. Un giorno lei da una lettera a lui scrivendogli che non lo scorderà mai ed altre cose del genere. Parlando Alex riferisce ad Aidi che a fine Maggio partirà per stare due settimane in Inghilterra ed al ritorno, vorrebbe stare sempre con lei finché non partirà.
Alex insieme a Tony fa un murale di sera con scritto Aidi, Alex pensa e riflette su quello che è e su quello che era. Intanto a scuola hanno fatto la foto di classe e lui pare veramente un tossico. I giorni passano e Maggio sta per finire, Alex ha preso 6- a Fisica.
Alex pensa che L’Italia fa schifo e questo soprattutto perché sente della strage in Sicilia sull’autostrada. L’ultimo giorno prima della sua partenza sta con Aidi e parlano. Lui parte dall’aeroporto ed a salutarlo c’è anche Aidi, lui è felice. In Inghilterra non succede granchè.

CAPITOLO III

Dopo molto ritardo all’aeroporto Alex parte e torna a casa, ed ad aspettarlo c’è il padre con il cibo da lui preferito. Al ritorno a casa Alex riflette e si chiede se vale la pena essere sinceri.
Alex ritorna e viene a sapere che un certo Mattia durante la sua ssenza ci aveva provato con Adelaide. Lui si trova con Mattia e gli dice che ha sbagliato, fra i due non ci sarà mai più amicizia. Alex ed Aidi hanno più pochi giorni per stare insieme.
C’è la festa di Aidi per la sua partenza ed Alex ci va vestito tutto per bene. I genitori di Alex partono per la montagna e lui invece rimane da sua nonna. Alex ed Aidi s’incontrano.
I genitori di Alex sono dunque partiti. I due passano ancora giornate insieme e grazie alle chiavi duplicate dalla nonna riescono ad entrare in casa di lui. Lui racconta la sua storia che ha con Aidi alla nonna e lei si emoziona. Lui non sa cosa fare, tra poco lei partirà.
Alex va a salutare Aidi e dopo l’ultimo bacio non si volta indietro. Scende la salita di casa di Aidi e piange.